“L’estendersi della precarietà, del lavoro nero e del ricatto malavitoso fa sperimentare, soprattutto tra le giovani generazioni, che la mancanza di lavoro toglie dignità, impedisce la pienezza della vita umana e reclama una risposta sollecita e vigorosa”. Dritto al cuore del nostro impegno: così lo scorso 23 maggio Papa Francesco si è rivolto agli aclisti riuniti in aula Paolo VI per l’udienza speciale in occasione del 70° della fondazione.
Un discorso fatto a noi, ma valido, davvero, per tutto il Paese.
Che emozione essere accolti da Lui e, soprattutto, sentirlo così vicino alla nostra mission, mentre ci parava di lavoro in tutte le sue sfumature, Leggi di più
di partecipazione, di solidarietà, di migranti, di povertà: sono i temi che affrontiamo ogni giorno ancorati alla nostra ispirazione cristiana e alla nostra dimensione popolare.
Ci ha affidato una nuova e sempre attuale fedeltà quella alla povertà, che riassume quelle storiche: chiamandoci, nel passaggio più “politico” del suo intervento, a vincere l’importante battaglia culturale “di considerare il welfare una infrastruttura dello sviluppo e non un costo”.
Un emozione ancor più forte per il nutrito gruppo delle ACLI di Roma poter ascoltare il proprio Vescovo e gioire della vicinanza che ci ha dimostrato quando con grande emozione, ho potuto parlargli, come già accaduto in altre occasioni, del nostro impegno incentrato su:” pane” e lavoro, temi a lui così tanto cari.
Un impegno contro le povertà, che nella Capitale appaiono ancor più multi-sfaccettate e camaleontiche, che coniuga concretezza e immediatezza, esigibilità dei diritti e politiche attive.
In questo quadro Le parole del Santo Padre dunque, hanno avuto per noi un’eco ancora più vibrante, perché hanno toccato da vicino quello che facciamo ogni giorno per non lasciare intero nessuno, contrastando quella che definisce “cultura dello scarto” come abbiamo anche potuto approfondire anche nell’ambito percorso sull’Evangelii Gaudium che abbiamo avviato ad ottobre scorso per rintracciare degli strumenti operativi concreti in un’esortazione che per noi rappresenta un vero e proprio faro che guida nostro operato quotidiano di cristiani laici impegnati nel sociale.
Il Santo Padre ci ha richiamato a trovare il senso del nostro impegno proprio nelle categorie sociali più fragili che “sono materiale di scarto, sacrificio che questa società, mondana ed egoista, offre al dio-denaro, che è al centro del nostro sistema economico mondiale”.
“Giovani scartati”: e mi torna alla mente un’esperienza fatta qualche giorno prima di questa indimenticabile udienza, partecipando a un talk organizzato dalla Comunità Exodus a Cassino in occasione dei 25 anni della fondazione, dal titolo “Educazione, etica, democrazia: costruiamo insieme la città educativa”.
In quell’occasione, avevo accanto rappresentanti di istituzioni locali e colleghi di altre associazioni, e, davanti tanti giovani, molti dei quali educatori della Comunità fondata da Don Mazzi, e/o ragazzi arrivati lì per uscire dal tunnel delle dipendenze. Quella stanza profumava davvero di futuro. E di coraggio. Perché se è vero che “sballarsi” è la via più facile per sfuggire alle proprie responsabilità, smettere e ricominciare una vita “normale”, anzi una vita che può ancora diventare un “capolavoro”, per dirla con San Giovanni Paolo II, richieLavoro garanzia di dignità, concretezza ed esigibilitàde molta determinazione.
Ma tutto ciò non è sempre semplice, come non lo è per i giovani sfiduciati per altri motivi, tanto più in questo periodo difficile per tutti, in cui si sta un po’ tutti a testa bassa. Una situazione difficile e complessa che però diventa una sfida in quanto siamo chiamati a “realizzare un sogno che vola più in alto. Dobbiamo far sì che attraverso il lavoro – il lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale (cfr Evangelii Gaudium, 192) – l’essere umano esprima ed accresca la dignità della propria vita”.
Il Papa ci ha chiesto di metter in campo, senza risparmiarci le quattro caratteristiche del lavoro che aveva citato anche nell’esortazione apostolica: libertà per un lavoro che non ci renda schiavi e dia speranza, creatività per un lavoro che non tarpi le ali, partecipazione, per un lavoro che ci metta in relazione con gli altri, e solidarietà, per un lavoro dignitoso per tutti. Perché la mancanza di lavoro porta i giovani “in pericolo di cadere nelle dipendenze, cadere nella malavita, o andarsene a cercare orizzonti di guerra, come mercenari”.
Il Papa ci richiama al nostro compito educativo perché non ci siano giovani rassegnati davanti alla precarietà del lavoro e della vita e ci chiede di costruire reti di solidarietà per dare risposte concrete ai nuovi poveri. E per costruire alleanza, ci vuole l’impegno di tutti a non ragionare a compartimenti stagni ma a lavorare in rete in una logica sistemica di interdipendenza, valorizzando le eccellenze e minimizzando le sovrapposizioni.
Possiamo anche avere ancoraggi valoriali differenti, ma sull’educazione e sulla lotta alla povertà dobbiamo trovare un obiettivo comune: che è quello di offrire un futuro dignitoso a questi giovani. Quindi occorre una grande alleanza tra scuola, famiglia, istituzioni, sindacati, società civile per coniugare concretezza e speranza in un unico orizzonte.
Quell’orizzonte che solo chi vola alto, può vedere meglio.