Da spreco a risorsa, la nostra economia circolare di legami
La Giornata per la prevenzione dello spreco, in una città senza pace e martoriata delle emergenze, è stata l’occasione per accendere i riflettori, sulle crescenti diseguaglianze sociali di cui il paradosso dell’abbondanza rappresenta il paradigma perfetto.
Il cibo, nella nostra città, c’è per tutti, ma non tutti ne hanno accesso.
C’è chi usa con disinvoltura la pattumiera, perché compra più del necessario o non controlla le date di scadenza, e chi invece è costretto a rovistare nei cassonetti o andare a frugare negli scarti del mercati a fine giornata. Leggi di più
Un percorso circolare appunto, che mira allo scarto zero.
La cosiddetta economia circolare, è dunque un nuovo paradigma, una sfida che per noi si traduce sostanzialmente nel mettere in circolo talenti, competenze, tempo, risorse umane, legami in poche parole una rete sociale a 360 gradi.
Ecco allora che si trasforma l’avanzo del pane invenduto, in cibo per le mense degli indigenti.
Si trasforma la busta di insalata rimasta chiusa in frigo in un campanello per il prossimo acquisto.
La lista della spesa di scorta, in un elenco ragionato di necessità.
“Sprecare cibo” – ha detto Papa Francesco in occasione della recente Giornata per la prevenzione dello spreco – è “negarlo ai poveri”, si tratta non solo di “un’ingiustizia”, ma “di più: è un peccato”. Un’ingiustizia, un peccato e uno sperpero di soldi. È stato calcolato che ogni famiglia spreca in un anno 145 kg di cibo, per un costo di 360 € annui – mentre lo spreco complessivo ammonta a circa 16 miliardi di euro, ovvero l’1% del Pil nazionale -, che potremmo investire molto meglio che nella pattumiera.
(dati: Waste Watcher)
Questi dati fanno ancora più male se li leggiamo avendo negli occhi le immagini dei senza fissa dimora che popolano la nostra città.
L’esperienza delle ACLI di Roma in favore di questi ultimi, per offrire un piatto caldo, un posto per dormire, in collaborazione con il Municipio Roma 1 Centro e altre realtà solidali, è stata anche un’importante occasione di ascolto perché giorno dopo giorno, gli ospiti sono diventati amici, i volti sono diventati storie, le mani tese, legami e promesse di non dimenticarci di loro.
I nostri amici non hanno una casa, ma hanno un forte desiderio di fare progetti di vita e noi vogliamo aiutarli a modo nostro, mettendo in moto la nostra rete interna – favorendo ad esempio l’esigibilità dei diritti, – ed esterna, allargando i legami creati.
Piccoli passi concreti, che danno senso a quanto abbiamo donato. E non uso a caso la parola “dono”, invece di “regalo”. Nel regalo infatti prevalgono la dimensione dell’obbligo e del valore dell’oggetto. Nel dono, la dimensione della gratuità e del legame, a prescindere dal valore oggettivo.
Certo, anche il dono è costoso, ma le sue principali ‘monete’ sono l’attenzione, la cura, soprattutto il tempo. Per questo il dono sorprende. Lo abbiamo letto negli occhi dei nostri amici. E in quello stupore c’è tutto il valore dell’unica rivoluzione che abbia un senso nella nostra comunità: quella della cultura della cura, che ci rende capaci di prenderci cura l’uno dell’altro, di metterci affianco e camminare insieme, per una comunità che non lasci indietro nessuno.